In scena al Teatro Mercadante “La Banalità dell’amore”, la nostra recensione
La banalità dell’amore, un piccolo capolavoro in scena al Teatro Mercadante
Dal 2 all’11 marzo è in scena al teatro stabile “la banalità dell’amore” scritto e adattato da Piero Maccarinelli, per una produzione del Teatro Stabile. La pièce teatrale è tratta dal libro omonimo di Savyon Liebrecht. Narra dell’amore tra la storica e filosofa ebrea Hannah Arendt (interpretata squisitamente da Anita Bartolucci e Federica Sandrini) e il filosofo tedesco Martin Heidegger (interpretato da un maestoso Claudio Di Palma), dal cui lavoro, seppur con le dovute distorsioni, prese spunto il movimento nazionalsocialista in Germania negli anni 30.
Un’opera che percorre diversi spazi temporali in cui una Arendt, ormai anziana, nel corso di un’intervista riporta alla memoria i fatti di quegli anni.
Ma se pensate che si tratti della classica storia d’amore, vi sbagliate di grosso.
Grazie a questa storia, difatti, vengono messi in luce i cambiamenti della Germania in quegli anni e i sentimenti contrastanti della popolazione tedesca. L’opera è un interessantissimo staccato storico portato sulla scena in modo meraviglioso. I costumi di scena risultano impeccabili e, grazie alla cura anche dei più piccoli particolari, fanno sentire lo spettatore parte di quell’epoca. L’utilizzo complessivo di costumi, musiche e luci rende la visualizzazione dei diversi piani temporali molto precisa, garantendo allo spettatore una grande continuità della narrazione.
La storia personale e quella della nazione si intrecciano rendendo l’amore tra i due protagonisti ancora più travagliato ma più le loro idee divergono e più il sentimento che li lega si fa più forte.
È la storia di una passione eterna che durerà fino alla loro morte.
È la storia di un popolo, una storia di guerra.