Lockdown in tutta Italia: torna l’ipotesi zona rossa in tutto il paese
I medici invocano la zona rossa per tutta l’Italia: è necessario il lockdown totale. Ecco l’ipotesi al vaglio del Governo.
In attesa di conoscere il destino della nostra Regione e che, quindi, il Governo comunichi se la Campania resterà in zona gialla o sarà inclusa tra le regioni in zona arancione se non addirittura rossa, i medici lanciano l’allarme ed invocano un lockdown totale per tutta l’Italia. Una decisione di questa portata potrebbe essere presa dal Governo domenica 15 novembre 2020.
Infatti, secondo l’opinione di molti medici, sarà necessario dichiarare zona rossa tutto il paese se non ci sarà a breve una decrescita significativa della curva epidemiologica.
Precisiamo che si tratta solamente di ipotesi al momento, ma sicuramente le condizioni del nostro sistema sanitario sono messe a dura prova e, secondo le stime, se i contagi non inizieranno a diminuire, potrebbe essere ancora più difficile riuscire a garantire posti letto per i ricoveri e cure adeguate.
Il lockdown generale: gli appelli allarmati dei medici
Da più parti arrivano richieste di trasformare tutta l’Italia in una zona rossa. La fondazione Gimbe, l’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri (Aaroi), la presidenza della Federazione degli ordini dei medici, le organizzazioni di infermieri regionali si dicono allarmati e si rivolgono al Governo.
Leggiamo su Today che una fonte governativa avrebbe dichiarato all’AGI che la situazione sarà monitorata con molta attenzione nei prossimi 10 giorni e che, se ancora più regioni dovessero essere dichiarate zona rossa e dovesse peggiorare ancora di più la curva di contagi, non sarebbero esclusi provvedimenti ancora più restrittivi per tutto il paese.
Una delle prime richieste di maggiore attenzione è arrivata da Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, anche se è quasi tutto il comparto dei medici ad essere unito e ad invocare, addirittura, la chiusura totale anche per 6-8 settimane.
La data decisiva: il 15 novembre
Secondo le federazioni dei medici, si è in grande ritardo nelle decisioni e si potrebbe rischiare di dover decidere chi curare e chi no poiché potrebbero mancare i posti letto per tutti. È quanto sostiene Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri, appoggiato dal presidente dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri (Aaroi) Alessandro Vergallo. Quest’ultimo teme che raddoppieranno i ricoverati in terapia intensiva.
Ecco perché, come ipotizzano alcuni quotidiani tra cui La Stampa, il Governo potrebbe prendere la decisione di dichiarare l’Italia tutta zona rossa già il 15 novembre. È questa la data che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte vuole attendere per valutare l’efficacia dei provvedimenti dell’ultimo DPCM che divide l’Italia in fasce di colore diverso a seconda della gravità degli effetti della pandemia.
La necessità di fermare la curva di contagi
Sempre Filippo Anelli sostiene vivamente l’importanza di far cambiare l’andamento della curva perché “i dati ci dicono che se non si dovesse raffreddare, fra 30 giorni avremo circa altre 30mila persone in ospedale, le rianimazioni supererebbero i 5mila posti occupati e addirittura, se il trend dovesse essere quello dell’ultima settimana, si potrebbero contare 10mila morti in più. Questo non ce lo possiamo permettere“.
Inoltre, potrebbe essere rischioso aspettare il 15 novembre per decidere perché, anche se la curva rallentasse entro quel giorno, la saturazione degli ospedali potrebbe arrivare prima.
L’importanza del rispetto delle regole
Per tutti questi motivi e per tutelare la nostra salute e quella delle persone più fragili intorno a noi, è di fondamentale importanza che ognuno di noi rispetti le norme di sicurezza per limitare i contagi da Coronavirus. Indossiamo sempre la mascherina, all’aperto e al chiuso.
Prestiamo particolare attenzione quando ci troviamo al chiuso, facciamo in modo che gli ambienti siano arieggiati e manteniamo sempre la distanza di sicurezza di almeno un metro. Anche all’aperto non creiamo assembramenti. Igienizziamo spesso le mani ed evitiamo il più possibile di incontrare persone non conviventi, se non strettamente necessario.