Il Mercante di Venezia secondo Valerio Binasco in scena al Teatro Bellini [Recensione]
Il Mercante di Venezia di Shakespeare, rivisitato da Valerio Binasco, diventa l’emblema della persecuzione della diversità, in un continuo mescolarsi tra bene e male.
“L’essenziale, riguardo a Shylock, non è che un eretico o un ebreo, ma che è un outsider”. Con queste parole il regista Valerio Binasco definisce il “suo” Mercante di Venezia. Ed è la conclusione a cui lo stesso spettatore arriva nell’assistere alla rivisitazione del celebre dramma di Shakespeare interpretato da Silvio Orlando, nel ruolo di Shylock, e dalla Popular Shakespeare Company.
La trama è quella nota a tutti. Il giovane gentiluomo Bassanio vorrebbe chiedere la mano alla bella e ricca Porzia, ma ha bisogno di 3000 ducati. Decide quindi di chiederli in prestito al suo amico Antonio che, non disponendo al momento della somma perché impegnata in traffici marittimi, si presenta come garante a Shylock, un ricco usuraio ebreo che ha già alcune questioni in sospeso con lui. Il freddo e spietato Shylock non sopporta Antonio, perché presta soldi gratuitamente abbassando il tasso interesse in città, ma decide comunque di aiutarlo chiedendo in cambio, in caso di mancato pagamento entro una data prestabilita, una libra della sua carne al posto dei soliti interessi in denaro. Sfortuna vuole che i traffici marittimi di Antonio non vadano a buon fine, e che il crudele Shylock pretenda la riscossione della sua assurda richiesta.
Valerio Binasco incentra la sua messa in scena sul continuo mescolarsi del “bene” e del “male”.
Ora Shylock è buono; ora è cattivo. Ora Antonio è il male; ora il bene. Una legge è ingiusta, e poi è giusta. Una musica brutta di giorno, diventa bella di notte. Dipende dalle circostanze
Quando si arriva a pensare che Shylock sia il “cattivo” della piéce, ci si rende in fondo contro che sia in realtà vittima di un contesto che lo considera “straniero” e “diverso” da una strambo ed annoiato gruppo di amici:
Gli eroi di questa storia non sono degli eroi. Stanno in seconda e terza fila nella vita. La guardano dal tavolino di un bar. In apparenza sono dei ricchi sfaccendati che si divertono molto ad essere ricchi e sfaccendati, ben identificati col loro ‘clan’ che è composto solo da ricchi e sfaccendati. Ma è solo apparenza. A ben vedere hanno delle inquietudini. Delle malinconie. Hanno dentro una spinta che li porta al gesto rischioso, all’avventura. Il fatto che siano sempre avventure condivise con gli amici fa di loro degli eroi un po’ paesani, creatori di aneddoti più che di leggende. La legge della loro vita è fare della vita un gioco fatuo . Nel momento in cui tale legge è condivisa, diventa identificante. Al punto da perseguitare chi è diverso , come per es. Shylock, che con tutta la sua serietà antica sembra minacciare una società di fatui giocatori
Si prova un certo senso di disagio nell’assistere alla sconfitta finale di Shylock, l’unico personaggio che sembra prendere seriamente tutto ciò che accade, in un atteggiamento “da Antico Testamento”.
Mi pare che l’Antico Testamento ispiri un modo antico di approcciare la vita . È solo questione di stile. Shylock ha uno stile antico. Ha uno stile ‘serio’, da antico testamento, appunto. I veneziani invece sono troppo frivoli; e Shylock è troppo serio. Ed è un outsider perché è l’unico personaggio serio del Mercante
Se nel corso dei secoli abbiamo considerato il dramma di Shakespeare “antisemita”, Valerio Binasco ci offre una nuova chiave di lettura. Il Mercante di Venezia si basa sulla persecuzione della diversità, di un outsider, di uno straniero. Ed il male non risiede in Shylock ma nel culto del denaro e del materialismo che, in fondo, appartiene a tutti i personaggi in scena.
Ne emerge una grande favola del teatro, che culmina nel tragicomico momento del processo contro Antonio (o contro Shylock?) dove tra la farsa mascherata, le schermaglie amorose e la rigidità della giustizia (un plauso particolare va ad Elisabetta Mandalari e Milvia Marigliano, nei ruoli di Porzia e della sua ancella Nerissa), si rivela la grande verità.
La verità di una favola che rivela che non c’è nessuna verità, da nessuna parte. Eppure la vita può essere lo stesso una festa. Anche se il giorno stenta ad apparire. E non è notte né giorno in questa fine di favola. È l’ora stramba del teatro, quando sorge una luna di carta, e il vento accarezza le foglie senza fare alcun rumore. Niente ci ferisce. Nemmeno la vita.
Lo spettacolo Il Mercante di Venezia è ancora in scena al Teatro Bellini fino a domenica 16 novembre 2014. Per conoscere orari e prezzi dei biglietti consultare la nostra scheda su Napolike