I Kiwi di Napoli in scena al Nuovo Teatro Sanità, un progetto internazionale prodotto dal Goethe-Institut
Al Nuovo Teatro Sanità debutta “I Kiwi di Napoli”, uno spettacolo del drammaturgo tedesco Philippe Löhle che andrà in scena anche a Marsiglia.
Debutterà martedì 15 gennaio 2019 lo spettacolo I Kiwi di Napoli scritto dal drammaturgo tedesco Philippe Löhle nell’ambito del progetto Cities on the Edge realizzato dal Goethe-Institut di Napoli e Marsiglia. Si tratta di un progetto di cooperazione artistica internazionale che coinvolge dieci realtà operanti nell’ambito del teatro, della danza e della musica e che svolgono le loro attività in aree definite marginali o di disagio di in Italia, Francia e Germania. Infatti, dopo il debutto napoletano, il 18 gennaio lo spettacolo andrà in scena a Marsiglia, presso la Friche la Belle de Mai.
Sul palco, gli attori della compagnia under 30 del ntS’, Vincenzo Antonucci, Luigi Bignone, Anna De Stefano, Carlo Geltrude, Salvatore Nicolella, Alessandro Palladino, Federica Totaro, Beatrice Vento, mentre adattamento e regia sono di Carlo Geltrude.
I Kiwi di Napoli, tre storie sulle paure dei giovani della città
Lo spettacolo I Kiwi di Napoli nasce come risultato di una residenza condotta dal drammaturgo tedesco Philipp Löhle presso il Nuovo Teatro Sanità, nel gennaio 2017. Insieme ai giovani attori della compagnia egli ha visitato Napoli e li ha intervistati, cercando di capire quali siano le paure che maggiormente attanagliano le nuove generazioni della città e di attraversare il velo sottile dei luoghi comuni che esiste tra la cultura italiana e quella tedesca.
Löhle ha trasformato questo materiale in punto di partenza per la sua opera, incentrata su una vicenda i cui protagonisti sono tre storie di un gruppo di giovani che, anche se all’inizio appaiono indipendenti l’una dall’altra, trovano nel finale un filo rosso che le unisce.
Le tre storie raccontano tre emergenze, tre tipi di paura che tormentano i protagonisti: la paura di non trovare lavoro e di potersi realizzare nella propria città; la paura che la criminalità organizzata possa occupare e gestire in qualche modo la propria vita e la paura atavica, quella che ereditiamo da generazioni, rappresentata dalla grande montagna assopita che può svegliarsi da un momento all’altro.