Francischiello – Un Amleto Re di Napoli al Nuovo Teatro Sancarluccio [Recensione]
Recensione dello spettacolo Franischiello – Un Amleto Re di Napoli, portato in scena da Carmine Borrino per raccontare gli ultimi mesi del Regno delle Due Sicilie
C’è del marcio nel Regno delle Due Sicilie.
Una delle più note citazioni dell’Amleto di Shakesperare, con la contestualizzazione necessaria allo svolgimento dell’opera di cui vogliamo parlare, ben racchiude ciò che è il senso e lo scopo del monologo messo in scena dal teatro napoletano.
Francischiello – Un Amleto Re di Napoli, spettacolo incluso nella rassegna Tutto il mondo è Palcoscenico, dedicata a Shakespeare, nasce da un’originale idea dell’attore e regista Carmine Borrino che, a seguito di un approfondito studio shakespeariano, è riuscito a mettere in scena un magistrale parallelismo tra l’ultimo re borbone di Napoli e l’Amleto.
Potrà sembrare strano o poco pertinente, ma se ci si riflette le somiglianze tra il testo inglese e la sceneggiatura del giovane attore napoletano sono davvero tante ed affascinanti.
“Ho visto il giovane principe, gli ho parlato e la somiglianza al re che è morto mi opprimeva di paura e di stupore.
Incredibile! Il giovane principe somiglia al re che è morto come io a me stesso, ed è vero che ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne immagini io con la mia fantasia!”
Partiamo con l’idea di fondo, cioè quella di voler creare una sovrapposizione tra il principe di Danimarca e il re Francesco II di Borbone, detto Francischiello. Attraverso un monologo avvincente e mai noioso, Borrino riesce a trasportarci nei mesi cruciali di quell’estate del 1860 in cui le sorti del Regno delle Due Sicilie stavano per essere decise per sempre.
Infatti, a seguito della morte del padre Ferdinando II, Francischiello si troverà a dover affrontare tradimenti interni ed esterni, nonché l’inevitabile annessione-invasione del Regno da parte dei Savoia di Piemonte. Per narrarlo, Borrino utilizza il testo shakespeariano come linea guida, un binario su cui far viaggiare la storia del nostro Re lasagna.
La narrazione prende il via proprio dalla morte del Re Ferdinando II e dallo struggente dolore che affligge suo figlio, sempre più pressato a prendere le redini del regno. Questo primo parallelismo con l’Amleto lascia il passo ad una delle scene più significative di entrambi gli scritti: l’apparizione del fantasma paterno. Come nella tragedia shakespeariana, anche Francischiello incontrerà lo spettro del padre, nel piazzale di palazzo reale, e scoprirà la fitta trama di tradimenti che di lì a poco avrebbe subito dagli uomini a lui più vicini così come Amleto fu tradito da re Claudio, fratello di suo padre e di riflesso anche dalla madre che diventa la sua donna.
Da questo momento in poi, il pubblico sarà messo di fronte ad una mutazione della personalità del re che, fingendosi pazzo e scemo, cercherà di carpire le vere intenzioni del suo Consiglio di Stato. Si succedono, così, uno dietro l’altro una serie di disperazioni e conflitti interiori che sfoceranno in quell’Essere o Non Essere che non solo denota un’inquietudine ed indecisione personale, ma anche l’incertezza nello scendere in guerra contro il Piemonte ed evitare un’invasione.
I parallelismi, quindi, continuano, se pensiamo alla finta follia di Amleto, rivelatasi nell’intenso dialogo con Ofelia. Dialogo ripreso anche nella piéce, poichè Re Francesco si sfogherà con la moglie Sofia, invitandola anche ad “andare in convento” (stesso invito ricevuto da Ofelia), ma sottolineando l’importanza della sua vicinanza in un momento così cruciale per il regno.
Lo spettacolo si chiude con una lunga citazione del sentito proclama che Francischiello scrisse nel 1860 da Gaeta, roccaforte al confine con lo Stato Pontificio in cui è costretto a ritirarsi per combattere le truppe inglesi e piemontesi, finchè non c’è stato più nulla da fare.
La scena recitata da Borrino si è mostrata molto significativa poichè ha rappresentato un impavido Re, sventolante la bandiera del Regno, intento a difendere con tutte le proprie forze il popolo e la terra che tanto aveva amato.
Un finale molto intenso, dunque, e non privo di un tentativo di far aprire gli occhi dei presenti: la storia, ci fa capire Borrino, la fanno i vincitori e, nel caso di quella italiana e del sud in particolare, fin dalle elementari ce la raccontano senza citare le dovute verità.