Educazione Siberiana al Teatro Bellini: dal romanzo di Nicolai Lilin alla scena teatrale [Recensione]
In scena al teatro Bellini di Napoli lo spettacolo “Educazione Siberiana”, successo letterario di Nicolai Lilin diventato anche un film di Gabriele Salvatores
Dalla pagina del romanzo di Nicolai Lilin Educazione Siberiana al palcoscenico del teatro, grazie all’accurata regia di Giuseppe Miale di Mauro. Lo spettacolo è stato rappresentato ieri al Teatro Bellini di Napoli, dove sarà in scena fino al 9 marzo 2014.
Una storia, quella di Educazione Siberiana, che ha avuto la possibilità di essere riletta ed interpretata in tre (per adesso) versioni differenti, pur conservando inalterato il suo significato essenziale. Se il romanzo descriveva crudamente le condizioni di vita degli Urka Siberiani (di cui faceva parte lo stesso Lilin), uomini costretti ad espatriare in Transistria, regione dell’ex Unione Sovietica oggi Moldova, nel quartiere di Fiume Basso dove mettono in opera le loro azioni criminali “oneste”, il film ha “romanzato” le storie dei protagonisti esaltando i valori dell’amicizia e dell’amore, contrastanti con una violenza ed una crudeltà dilagante.
Tutto questo lavoro per il film tratto dal mio primo libro mi è servito per comprendere quanto diversi possono essere i modi di raccontare identiche sensazioni e sentimenti.
La versione teatrale di Educazione Siberiana, invece, si concentra per 90 minuti di spettacolo, sul ruolo del nucleo familiare di Nonno Kuzja (Luigi Diberti), costituito dalla figlia e dai nipoti, tra cui spiccano i caratteri opposti di Boris (Adriano Pantaleo) e Juri (Francesco Di Leva), onesto, sincero e fedele l’uno, quanto più ribelle l’altro, animato da un istinto naturale a tradire ed ingannare pur di inseguire il suo “sogno americano”. Il Nonno, il “vecchio” di Fiume Basso, ha il ruolo di educare i nuovi “criminali” impartendo loro le rigorose regole della comunità, paradossalmente dal grande valore etico ma non prive di brutalità.
La vicenda a cui si assiste a teatro è la storia della delicata fase di passaggio che si verificò negli ex territori sovietici dopo il crollo dell’URSS, tra desiderio di ribellione di un popolo stremato, affamato e stanco di sottostare ad un regime dittatoriale, e lo spirito di libertà inculcato nei più giovani dalla cultura americana. Ma Educazione Siberiana è anche la storia di un nucleo familiare particolarmente unito ma che il Nonno fa fatica a tenere insieme, a causa dei cambiamenti storici e politici dell’epoca. Yuri, il nipote “ribelle”, non esiterà a tradire la famiglia per allearsi con i corruttibili “sbirri” che gli promettono denaro e potere, trascinandolo nella realizzazione del suo american dream.
Magistrale l’impianto scenico che divide il palcoscenico in due aree e rende drammaturgicamente funzionali sia il boccascena, dove hanno luogo le vicende del nucleo familiare, che il retroscena, dove hanno luogo le esercitazioni dei criminali, i combattimenti, le uccisioni. E’ in un buio e poco illuminato “fondo” della scena che vengono rappresentate le scene del carcere, dei tatuaggi e l’ascesa al “trono” di Juri, totalmente sedotto dal regno della “nuova ricchezza”, il traffico della droga ed il consumismo occidentale.
E poco importa se “La fame viene e scompare ma la dignità una volta persa non torna mai più”. L’amore per il dio denaro, in questa Educazione Siberiana vale ogni sacrificio di natura affettiva, che si consuma nel “duello” tra fratelli al grido di Boris:
L’azione in scena è fluida e coinvolgente, gli spettatori vengono coinvolti in un climax ascendente che si concretizza in un vortice incessante di dialoghi, litigi, disperazioni, violenze e morte. A rendere l’atmosfera a tratti angosciante e palpitante i tagli di luce che fendono la scena, caricandola di pathos in un crescendo che conduce fino al sanguinoso finale.
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