Claudio Santamaria è Gospodin al Teatro Bellini, contro il denaro e i “borghesucci” [Recensione]
Claudio Santamaria è Gospodin, un anti-eroe che vive rifiutando il concetto di denaro tra surreali e paradossali disavventure
Al Teatro Bellini (in scena fino al 24 gennaio) è arrivato Gospodin, l’anti-eroe anarchico e ribelle protagonista dell’omonimo romanzo del drammaturgo tedesco contemporaneo Philipp Löhle. Ad interpretarlo un bizzarro, testardo ed utopistico Claudio Santamaria che si muove incessantemente in un’ipertecnologica e camaleontica struttura scenografica sapientemente studiata e progettata dal regista Giorgio Barberio Corsetti.
La vicenda di Gospodin è a tratti paradossale e surreale, ma non potrebbe essere più vicina ai nostri tempi e ai nostri modi di affrontare la vita, troppo legati al concetto di denaro, di capitalismo e del “lavorare per guadagnare soldi”. Gospodin ha provato, invece, a costruire intorno a sé un universo differente e alternativo, rifiutando il denaro ed i beni materiali. La sua casa è arredata con pochissimi e banalissimi mobili, le sue giornate sono scandite dalle passeggiate in città con il suo lama, vivendo delle mance che i passanti gli offrono. Gospodin non lavora e non desidera lavorare per una società capitalistica.
Ma tutto questo è destinato a cambiare quando Greenpeace gli porta via il lama, quando la sua fidanzata decide di lasciarlo solo portando via quei pochi oggetti di arredo che possedeva, e quando il suo migliore amico, appassionato di installazioni artistiche, si appropria dei suoi elettrodomestici per “creare”. Da quel momento Gospodin entra in uno stato di impassibilità totale, ostinandosi a non voler cercare un lavoro per vivere, a non cercare di convincere la sua fidanzata a tornare e rifiutandosi di ricevere aiuti da una galleria bizzarra e stravagante di amici e parenti, tutti considerati “borghesucci” superficiali e materiali («È possibile che sono il solo a pensarla in questo modo?»).
Tutto cambia quando un amico delinquente gli regala una valigetta piena di soldi su cui tutti puntano gli occhi ma che Gospodin non vuole utilizzare. Per obbedire fino in fondo ai suoi principi etici anti-capitalistici deciderà di consegnarsi alla legge e di finire in carcere, dove finalmente il suo ideale di vita si potrà realizzare, dove il denaro non limiterà le scelte delle persone e dove le sbarre, paradossalmente, garantiranno finalmente la sua libertà.
A far da cornice e da macchina drammaturgica alle disavventure della stravagante vita di Gospodin, una scenografia multimediale fatta di pannelli su cui vengono proiettate immagini, graphic animation e videomapping che trasformano di volta in volta la scena in ambienti interni o esterni, nella casa di Gospodin o nella “giungla” cittadina, che potrebbe essere una delle città i cui viviamo, dove il protagonista corre, scappa, salta e passeggia, continuamente inseguito dai fantasmi di un mondo che non vuole accettare. Un allestimento scenografico che dialoga costantemente con la narrazione, con gli stati d’animo di Gospodin e con i ritmi musicali, scandendo la narrazione eseguita da due attori/presentatori che raccontano, nella più brechtiana delle soluzioni drammaturgiche, le situazioni e gli episodi vissuti dal protagonista, passando talvolta direttamente a lui la parola con un microfono.
Assistere a Gospodin significa immedesimarsi in un personaggio estremo e sopra le righe, troppo lontano dalla nostra concezione di vita, per poi scoprire che, in fondo, Gospodin riflette le nostre stesse convinzioni, un’invenzione poetica e paradossale che vive in ognuno di noi: «Gospodin siamo noi, quando vorremmo mollare tutto e vivere in pace, senza il condizionamento, la pressione del guadagno… Gospodin è comico, è tragico, è adesso…».