Casa di Bambola di Ibsen al Teatro Mercadante, l’egoismo di un uomo, il coraggio di una donna [Recensione]

Una scena dello spettacolo Casa di bambola di Ibsen al Teatro Mercadante di Napoli

Claudio Di Palma dirige e interpreta al Teatro Mercadante “Casa di Bambola” di Ibsen, nell’adattamento di Raffaele La Capria

Quando Henrik Ibsen scrisse nel 1879 Casa di bambola, nella calda e mediterranea Amalfi, non poteva sapere che il suo dramma sarebbe diventato non solo un capolavoro teatrale di fama mondiale, tra i classici più rappresentati al mondo, inserito nel 2001 dall’Unesco nell’Elenco delle Memorie del mondo, ma anche una testimonianza ante litteram dell’emancipazione femminile. Un chiaro segnale di rifiuto, da parte della donna, di aderire necessariamente al matrimonio inteso come schema e convenzione sociale, fatto di regole, obblighi e doveri morali.

O forse sì. Perché lo stesso autore norvegese affermò, parlando della sua opera: «Oggetto della contesa non è il valore estetico del dramma, ma il problema morale che pone. Che da molte parti sarebbe stato contestato lo sapevo in anticipo; se il pubblico nordico fosse stato tanto evoluto da non sollevare dissensi sul problema, sarebbe stato superfluo scrivere l’opera». Fatto sta che da quella prima rappresentazione al pubblico di Casa di Bambola, avvenuta a Copenaghen nel dicembre del 1879, qualcosa è davvero cambiato nella concezione del rapporto matrimoniale ma, soprattutto, nella percezione del ruolo non solo della donna, ma anche dell’individuo nella società.

Oggi il regista Claudio Di Palma porta al Teatro Mercadante (in prima nazionale e in programma fino al 17 aprile 2016), Casa di Bambola, nell’adattamento di Raffaele La Capria che estrapola dal testo originale un significato principale e ancora attuale, attorno a cui si muovono l’intera storia e la drammaturgia di tutti i personaggi: «Casa di bambola è anche una splendida meditazione sul diritto di ciascuno a scegliere liberamente il proprio destino».

In una messa in scena caratterizzata da una fotografia nitida e limpida, una scenografia minimal strutturata su due livelli asimmetrici su cui entrano ed escono i personaggi, effetti luminosi magistrali che sottolineano la drammaticità di ogni momento, si svolge la vicenda di Nora, interpretata da una splendida Gaia Aprea, la moglie in apparenza allegra, piena di vita e innamorata di suo marito Torvald Helmer (interpretato dallo stesso regista Claudio Di Palma).

Una coppia che rappresenta gli standard dei coniugi borghesi dell’epoca, in cui l’uomo ha un ottimo lavoro per far vivere la moglie e i tre figli nel pieno benessere economico, mentre la donna conduce una vita agiata, tra acquisti natalizi, balli in maschera e convenevoli agli ospiti in casa, come l’amico di famiglia, il dottor Rank (Giacinto Palmarini) aiutata dalla sua bambinaia Anne Marie (Alessandra Borgia).

Ma Nora non è come tutte le altre donne e, quando un segretissimo passato comincia ad emergere, si affida alle confessioni con l’amica Kristine Linde (interpretata da Autilia Ranieri) per risolvere problemi da lei stessa creati anni prima soltanto per amore nei confronti di suo marito, incarnati dall’arrivo del procuratore Krogstad (Paolo Serra). L’evoluzione della storia, che segue fedelmente il testo di Ibsen, trova il suo cardine in una frase pronunciata proprio da Kristine Linde: «Bisogna pur vivere, e così si diventa egoisti». Si potrebbe pensare che ogni personaggio del dramma arrivi a elaborare le sue decisioni finali in base a questa frase.

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Nora deciderà, alla fine della vicenda, di abbandonare il suo Torvald perché si rende conto di non amarlo veramente, perché lui, insieme all’intera società, hanno confinato la donna in un ruolo che non dà libertà al suo carattere e alle sue volontà. E all’egoisimo dimostrato più volte da Torvald o da suo padre che l’hanno considerata sempre come una “bambola”, con cui giocare come in una “stanza dei giochi”, senza curarsi di conoscere la sua reale personalità, Nora risponde con lo stesso egoismo, ma anche con coraggio. Abbandonando il suo ruolo di moglie e madre, abbandona anche al suo ruolo di donna in una società ipocrita e falsa. Accetta di essere egoista per sopravvivere senza sapere a cosa andrà in contro, ma con la consapevolezza che qualsiasi persona diventerà sarà la vera identità di Nora a venire fuori. In nome del sano egoismo ma, soprattutto, della dignità.

La versione di Casa di Bambola proposta da Claudio Di Palma è moderna, attualissima, dotata di ritmo di battute e di azione in un climax ascendente verso un finale atteso e sperato, che consacra Nora tra le eroine dei nostri tempi.

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