Autumn Fest 2019, Mugnano del Cardinale – La Recensione de Il Trono di Sagre

In un “vicariello” allestito come un presepe continua a crescere un’iniziativa di giovanissimi di Mugnano del Cardinale, tra piatti che sono già iconici, musica live e locale e noi de Il Trono di Sagre!

Una cosa bella, oltre il magnà, che facciamo grazie al Trono, è quella di conoscere posti nuovi, ed è così che arriviamo per la prima volta a Mugnano Del Cardinale, l’occasione è quella dell’Autumn Fest, che è poi un anagramma di Mugnano stesso!
E questa è la prima bugia del giorno.

L’Autumn Fest, organizzato dai giovanissimi di Mugnano, è alla sua 9° edizione, è ancora giovanotto ma cresce in fretta.
E’ partito semplice, come una festicciola rionale a base di paninazzi e patatine, un classicissimo insomma, ed è però rapidamente riuscito a istruirsi e a tirar fuori, anzi a far sue, tutte le tradizioni culinarie del paese.

Cosa c’è di tipico a Mugnano? Vi dico che ho mangiato parecchio e 2-3 cose me le porto dentro, letteralmente perchè sul finale faccio in tempo solo a salutare trattenendo il fiato, per dar l’idea di una linea che ormai non c’è più, prima di perdere ogni parvenza di dignità e mollare panza, bottoni e cinture.
E’ Anna, che Omero definirebbe “dagli occhi di luce”, a darci la giusta infarinatura.
Il clima è sempre quello simpaticissimo dell’assedio di Stalingrado, i poveri compagni organizzatori mollano le loro postazioni in trincea per spiegarci come funziona il tutto e nel frattempo i crucchi rompono gli argini.
Non fa in tempo a elencarci le 400 pietanze del menu che viene richiamata all’ordine: “Anna, Von Paulus ha varcato i banchi della pasta e fagioli e si dirige minaccioso verso le caldarroste, inoltre ci serve più cotica!”.
Anna è costretta a lasciarci, ma ci porge consigli, saluti e ticket (“Uno prende i ticket, l’altro fa la fila! Uno prende i ticket, l’altro fa la fila!”) e torna al fronte dove a sopperire alla mancanza degli strazianti lamenti degli Stuka in picchiata ovviano il gran numero di gioiosissimi infanti.

Tolti i miei riferimenti insensati al fronte orientale, l’Autumn Fest è posizionato in un scorcio del paese, in un lungo vicoletto, che perfettamente addobbato di lucine, panni stesi, fogliame, piccole cucine (che sono davvero piccole cucine!) e tavolini dà perfettamente l’idea di un riuscito presepe.
Nel quale tenderemo a divorare tutto.

A noi i doni!

Cominciamo dalla fila più corta, quella della Pizza Raurinio, una tipicità immancabile della cultura mugnanese, a base di farina di granoturco bianco (sempre più difficile da reperire) e un discreto quantitativo di nzogna!

Subito dopo (si fa per dire) Salsiccione tipico del posto, che mi stavo sognando da quando ho letto il menu in anteprima 20 giorni fa, su lettone matrimoniale di polenta e sugo.
Una bomba! Buonissimo!
La polenta è spettacolare, detto da un non-amante della stessa, assorbe perfettamente i grassi e i sughi del salsiccione sia smorzandoli, sia rendendo il boccone uniforme.
E’ stato veramente una sorpresa.

Non c’è tempo per godersela, ogni volta che una fila crolla ci infiliamo nelle crepe, con una mossa avvezza mi procuro in un colpo solo Soffritto e Pasta, fagioli e cotica.
Qui non so da dove cominciare, sulla pasta consiglio di darci giù di pecorino, ma state attenti, c’è il trucco!
La pasta è infatti servita in un piatto di natura Leonardiana.
Il genio italiano di Vinci creò all’insaputa di molti un piatto dal doppio fondo! Vi renderete conto infatti che il piatto, che parte già da un modesto 300/400 gr di pasta nasconde nelle sue profondità altri 200 gr circa.
Voi pensate che avete finito, ridisponete un pò il tutto e vi rendete conto che c’è un altra porzione intera.
Per farla breve: la porzione è veramente abbondante.

E il soffritto? Il soffritto è una chicca.
Non vince il confronto col salsiccione ma solo perchè del salsiccione mi sono innamorato (si, è voluto) ma ha un gusto autentico e tradizionale.
Tagliato a pezzettoni, anche qui davvero abbondante, servito con crostini, saporito il giusto, a volte morbido a volte calloso, un soffritto a regola d’arte. Ottimo.
Qui stavamo rasentando ormai il Ko (anche perchè avevamo innaffiato il tutto con vino locale) ma non ci siamo fatti scappare ovviamente il cacio impiccato.

Giusto per rimanere light lo prendiamo con fettona di pancetta.
Questa non è quella tagliata finissima del Conad, ragazzi miei, è una fettona da Vecchio dell’Alpe, tagliata con l’accetta.
Grassosa, burrosa, praticamente impossibile da mozzare coi denti ma chissenefrega, è tipica, locale, dolce, è bona!
Dopo questa siamo veramente finiti, non c’è spazio neanche per una Vigorsol, col fazzoletto salutiamo Anna e ci dirigiamo verso casa, ancora una volta abbiamo esagerato.
Però quel salsiccione? Madò.

 

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